Le Tabelle Millesimali
…tutto quello che c'è da sapere
In condominio, i diritti e i doveri dei partecipanti sono proporzionali al valore della proprietà di ciascuno.
Ebbene, la misura proporzionale del contributo dei condomini viene espressa dalle tabelle millesimali.
Nella presente trattazione, spieghiamo brevemente cosa sono e come si calcolano.
Sommario
2. Che cosa sono le tabelle millesimali
3. La normativa di riferimento
4. A cosa servono le tabelle millesimali
5. Dove sono indicati i millesimi di un appartamento?
6. Professionisti che calcolano le tabelle millesimali
7. Come si calcolano le tabelle millesimali
8. I parametri per determinare le tabelle millesimali
9. I coefficienti di riduzione nelle tabelle
9.1. Coefficiente di destinazione
9.2. Coefficiente di orientamento
9.3. Coefficiente di prospetto
9.4. Coefficiente di luminosità
9.6. Coefficiente di funzionalità globale dell’alloggio
10. Esempio di calcolo dei millesimi di un’unità immobiliare
11. Come sono approvate le tabelle millesimali
12. La distinzione delle tabelle in base alla loro formazione
a. Le tabelle millesimali contrattuali
b. Le tabelle millesimali assembleari o deliberative
c. Le tabelle millesimali giudiziali
13. Cosa fare nel caso in cui le tabelle millesimali presentino errori?
14. La revisione giudiziale delle tabelle millesimali
15. Le diverse tipologie di tabelle millesimali
c. tabella riscaldamento comune
d. tabella tetti e lastrici comuni
I millesimi rappresentano una “quota” proporzionale al valore del bene di cui ciascun condomino è titolare, in rapporto all’intero stabile in cui l’appartamento o l’immobile è ubicato. Si parla di millesimi perché, per convenzione, si attribuisce all’intero Condominio il valore ideale di 1.000 e la proprietà di ciascun condomino è espressa con riferimento a tale valore complessivo. In altre parole, i millesimi sono l’unità di misura della proprietà all’interno di un Condominio. Pertanto, se lo stabile vale, nel suo complesso, 1.000/1.000, ogni appartamento varrà una frazione di 1.000; ad esempio, l’alloggio numero uno può valere 55/1.000; il numero due 110,25/1.000 e così via. Tutti i valori millesimali confluiscono in apposite tabelle redatte da un tecnico qualificato e vengono impiegate per diverse finalità. Ma come si arriva ad attribuire le singole quote in millesimi? Lo vedremo nei paragrafi seguenti.
In Condominio, esistono due tipologie di proprietà: la proprietà esclusiva, ossia quella del singolo sul proprio appartamento e la proprietà comune, vale a dire quella di tutti i partecipanti alla comunione sui beni condominiali. Le tabelle millesimali servono a stabilire l’entità del contributo di ciascun condomino nella ripartizione delle spese sui beni comuni e a conoscere il “peso” di ogni votante nelle delibere assembleari. Tuttavia, può capitare che non tutti i condomini facciano lo stesso uso dei beni comuni, si pensi alle scale e al loro impiego da parte del proprietario del primo piano rispetto a quello dell’attico. Per questa ragione, oltre alla tabella generale della proprietà, ne esistono altre. Come vedremo nei paragrafi successivi, le tabelle millesimali solitamente sono tre:
Possono esserci ulteriori tabelle, ad esempio, per la pulizia e illuminazione dell’androne (“tabella E”) o la tabella per la ripartizione delle spese del servizio di portierato, se esistente (“tabella F”) o, ancora, una tabella per il tetto (nel caso di una particolare conformazione del Condominio).
Le norme che si occupano delle tabelle millesimali sono contenute segnatamente nel Codice civile. A titolo esemplificativo si citano:
Non esiste una disciplina normativa specifica sulle modalità di redazione o sui parametri da impiegare, pertanto, per prassi, si fa riferimento a due circolari ministeriali emanate in relazione agli alloggi realizzati con contributi statali:
Le tabelle millesimali assolvono diversi scopi:
Quando si acquista un immobile, solitamente, viene allegato al contratto di compravendita il regolamento condominiale, unitamente alle tabelle millesimali. Infatti, le tabelle millesimali rappresentano un allegato del regolamento. Il valore dei millesimi non muta con le successive compravendite, ma rimane inalterato, fatti salvi i casi di rettifica o modifica (si vedano i paragrafi successivi). Può capitare che, al momento dell’acquisto, non siano ancora state redatte le tabelle che, come vedremo, saranno approvate successivamente dall’assemblea e poi allegate al regolamento condominiale. Pertanto, in quel caso, non è possibile conoscere la quota millesimale di propria spettanza, perché non è ancora stata calcolata.
Si ricorda che la mancanza delle tabelle non esclude l’obbligo del condomino di partecipare alle spese in proporzione al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene (art. 1118 c.c.).
Le tabelle millesimali rappresentano un documento di carattere tecnico che, proprio in virtù della sua complessità, deve essere redatto da un tecnico qualificato. Invero, non esiste una categoria professionale specifica a ciò deputata. Solitamente, per il calcolo delle quote millesimali ci si rivolge ad un geometra, ma può redigerle qualsiasi soggetto specializzato nelle professioni tecniche, come un ingegnere o un architetto. Nel silenzio della legge, non può dirsi che sia necessario uno specifico titolo di studi per svolgere tale attività, nondimeno, è macroscopico che il soggetto incaricato debba essere dotato di cognizioni peculiari, come la lettura di piantine, planimetrie e via discorrendo. La nomina del perito può essere approvata in sede di assemblea. Vista l’importanza del ruolo delle tabelle (in quanto possono incidere significativamente sugli esborsi di ciascun condomino e sul potere di voto), è opportuno che le stesse, prima di essere approvate dal consesso assembleare, siano oggetto di un controllo sulla correttezza da parte di un altro perito.
La redazione delle tabelle millesimali deve essere affidata ad un tecnico, a causa della complessità del calcolo, che postula la disamina dei volumi o delle superfici, nonché la valutazione delle peculiarità delle singole unità immobiliari. Analizziamo brevemente l’iter da seguire.
A) Per la formazione delle tabelle, il primo elemento da considerare è la superficie di ogni singola unità abitativa; infatti, è di tutta evidenza che un appartamento grande valga di più di uno piccolo. Talvolta, non si ricorre alla superficie (calcolata in metri quadrati), ma alla cubatura (in metri cubi), in quanto può risultare un criterio più fedele alla realtà, soprattutto in spazi in cui si verifica una forte discrepanza tra superficie e volume, a parità di spazio (si pensi ad un locale mansardato molto basso). Nel calcolo della superficie, si tiene conto anche dei balconi, considerati come un “allungamento” dell’appartamento; tuttavia, la superficie viene calcolata con una riduzione, in proporzione all’uso e all’affaccio. Lo stesso dicasi per terrazze a livello e lastrici solari di uso esclusivo, in cui la superficie è calcolata con un coefficiente di riduzione. Inoltre, ai fini della redazione delle tabelle millesimali di un condominio, «occorre prendere in considerazione sia gli elementi intrinseci dei singoli immobili oggetto di proprietà esclusiva (quali l'estensione), che quelli estrinseci (quali l'esposizione), nonché le eventuali pertinenze di tali proprietà esclusive, come i giardini, poiché consentono un migliore godimento degli appartamenti al cui servizio ed ornamento sono destinati in modo durevole, determinando un accrescimento del loro valore patrimoniale» (Cass. Ord. 18618/2017).
B) Oltre agli elementi di cui sopra, la legge indica i parametri da non considerare (art. 68 disp. att. c.c.) ai fini del calcolo dei millesimi (vedasi paragrafo seguente).
C) Infine, si applicano i coefficienti di riduzione o coefficienti riduttori, minori cioè dell'unità, che sono riferiti alla superficie dei singoli ambienti, ne diminuiscono l'entità, trasformandola da superficie reale in superficie virtuale (circ. min. lav. pubb. 12480/1966).
Per il calcolo dei millesimi, il tecnico incaricato deve:
a) scomporre idealmente l’edificio in tutte le unità immobiliari in cui è composto (ad esempio, un palazzo con 10 appartamenti);
b) accertare i vani di ciascuna unità abitativa (ad esempio, l’alloggio numero uno è composto da cucina, bagno, soggiorno, camera da letto et cetera);
c) misurare la superficie dei diversi vani del singolo appartamento (ossia, si calcola la superficie di cucina, bagno, soggiorno, camera da letto et cetera);
d) applicare i coefficienti di riduzione ai singoli vani (vedasi paragrafo seguente) che servono a meglio definire le caratteristiche di ciascun ambiente;
e) dopo l’applicazione dei coefficienti di cui sopra, si ottiene la superficie virtuale o convenzionale della singola unità abitativa;
f) infine, si determina la superficie virtuale o convenzionale dell’intero palazzo;
g) per attribuire a ciascuna unità abitativa una quota millesimale, si fa la proporzione tra la superficie virtuale del palazzo e quella dei singoli alloggi (vedasi l’esempio di calcolo nel paragrafo n. 10).
Nella redazione delle tabelle non si tiene conto (art. 68 disp. att. c.c.):
Nell’attribuzione dei millesimi alle singole unità abitative, occorre considerare alcuni coefficienti, come:
Il valore del coefficiente può essere uguale, superiore o inferiore a 1: maggiore è il valore del bene, più alto sarà il coefficiente. Si tratta della fase più delicata nella redazione delle tabelle, giacché i suddetti coefficienti vengono valutati con discrezionalità dal perito. Si tratta di parametri preordinati ad evidenziare le caratteristiche strutturali di ogni ambiente. I vari coefficienti vanno moltiplicati tra di loro; il risultato, a sua volta, deve essere moltiplicato per la superficie dell’alloggio (o cubatura); in tal modo si ottiene la superficie virtuale dell’appartamento (diversa dalla sua superficie reale). Analizziamo brevemente i singoli coefficienti.
Si tratta di un coefficiente che consente di valutare i vani dell’appartamento in funzione della loro utilità. Infatti, è di tutta evidenza che un corridoio o un disimpegno o un ripostiglio non “valgano” quanto un soggiorno. Ad esempio, si usano coefficienti diversi per le stanze vere e proprie, rispetto ai vani accessori (si pensi al solaio). Naturalmente, ai fini del calcolo, rilevano anche le eventuali pertinenze dell’appartamento, ad esempio, la cantina (Cass. Ord. 18618/2017). In conclusione, «la percentuale di spazio destinata ad accessori (intendendo per accessori tutti i vani ad eccezione delle stanze vere e proprie) in relazione alla utilizzazione, non può avere, nella valutazione, lo stesso peso della percentuale di spazio destinata a stanze» (circ. min. lav. pubb. 12480/1966). A titolo di esempio, il coefficiente di destinazione delle camere vale 1, quello dei servizi (cucina, bagno) 0.90, quello del disimpegno 0.80, del balcone coperto si aggira tra 0.45/0.30
L’orientamento indica il posizionamento dell’unità abitativa rispetto ai punti cardinali; infatti, a seconda dell’orientamento, si può ricevere più o meno luce, o calore, o essere più o meno esposti ai venti. Più favorevole è l’orientamento, maggiore è il valore dell’immobile. Si devono valutare gli effetti connessi all’orientamento, come la quantità di sole, di luce, di calore, l’esposizione ai venti dominanti, indipendentemente da altre condizioni caratteristiche del vano considerato.
Il prospetto riguarda i vantaggi che l’apertura su una facciata o un’altra possano portare all’unità abitativa. «Si riferisce alla caratteristica relativa ai particolari maggiori o minori benefici che derivano ad un alloggio o ambiente rispetto ad altri dall'apertura su una facciata piuttosto che su di un'altra dell'edificio: è chiaro che i maggiori o minori benefici sono condizionati dall'esterno in quanto l'affaccio può essere su strada, su distacco, su cortile mentre la visuale può essere più o meno libera e panoramica. È da tener presente che i vantaggi connessi a quest'ultimo aspetto in relazione alla maggiore altezza della quota stradale, sono già stati considerati nella stima del coefficiente di piano» (circ. min. lav. pubb. 12480/1966). Ad esempio, un appartamento può affacciarsi su una strada trafficata o sul cortile interno o può avere una veduta libera; è chiaro che il valore cambia a seconda dei casi. Ecco spiegata la ragione del coefficiente specifico.
Il coefficiente di luminosità, come dice il nome, valuta la quantità di luce che la singola unità immobiliare riceve anche in rapporto alla quantità di superficie finestrata. La misura della luminosità dipende sia dall'altezza del piano, sia dall'orientamento, sia dal rapporto tra la superficie illuminante (apertura delle finestre) e superficie illuminata (ampiezza del rispettivo vano). «Tuttavia, dato che gli effetti di maggiore o minore luminosità derivante dai primi due fattori sono già stati considerati nei coefficienti di piano e di orientamento, nella valutazione del coefficiente di luminosità si deve tener conto soltanto del rapporto tra superficie illuminante e superficie illuminata» (circ. min. lav. pubb. 12480/1966).
Il coefficiente di piano valuta la posizione in altezza dell’appartamento; si tengono in considerazione tutti i vantaggi e gli svantaggi di trovarsi ad un certo piano. Si tiene conto «di tutte le condizioni che caratterizzano un appartamento o un ambiente per il fatto di trovarsi ad una altezza minore o maggiore relativamente ad altri e, quindi, si considera ogni aspetto, positivo o negativo, che deriva da questo fatto: comodità di accesso, onerosità di spese per eventuale ascensore, appetibilità commerciale, luminosità, rumorosità, panoramicità, soggezione ai venti, onerosità di trasporti (masserizie ecc.). Taluni di questi aspetti non sono univocamente legati alla sola altezza del piano, e, pertanto, per essi, con questo coefficiente si considera la sola quota parte relativa» (circ. min. lav. pubb. 12480/1966). Ad esempio, un appartamento al piano attico beneficia della panoramicità, ma difetta di comodità (nei casi in cui manchi l’ascensore).
Tale coefficiente è eventuale e si impiega in particolari circostanze. Ad esempio, è possibile, che si verifichino anomalie fra percentuale di superficie utile di stanze e percentuale di superficie di disimpegni, nonché differenze di criteri distributivi, tali da determinare gradi diversi di funzionalità. In tali casi, e quindi, non in linea generale, «è necessario introdurre uno specifico coefficiente di funzionalità globale dell'appartamento, da valutarsi dal collaudatore entro limiti comparativi compresi tra 1,00 e 0,90 e da applicarsi alla sommatoria delle superfici virtuali di tutti gli ambienti costituenti l'alloggio, determinate in base agli altri coefficienti caratteristici» (circ. min. lav. pubb. 12480/1966).
Per prima cosa, occorre calcolare la superficie reale (o la cubatura, a seconda dei casi) di ogni singolo vano, detta superficie deve essere moltiplicata per i coefficienti sopra elencati. Si ottiene così la superficie virtuale del singolo vano; vengono poi sommate tutte le singole superfici virtuali di tutti gli ambienti, per arrivare alla superficie virtuale complessiva dell’appartamento.
Cerchiamo di riassumere.
A) Per conoscere la quota del singolo vano occorre moltiplicare i coefficienti di riduzione sopraelencati tra di loro e moltiplicare il prodotto così ottenuto per la superficie reale del vano, al fine di ottenere la superficie virtuale del singolo ambiente. La somma di tutte le superfici virtuali dei vani dà la superficie virtuale complessiva dell’alloggio. Quindi:
Superficie reale del vano x coefficienti (coeff. A x coeff. B x coeff. C x coeff. D) = Superficie virtuale del vano
Allora, se il vano misura come superficie reale 20 mq e il coefficiente di destinazione è 1 (perché è una camera), il coefficiente di orientamento è 0.90 (perché è rivolto a Nord), il coefficiente di prospetto è 0.80 (perché si affaccia su un cortile) e il coefficiente di piano è 1 (perché è il primo piano), si farà il seguente calcolo:
20 mq x (1x0.90x0.80x1) = 14.4 ossia la superficie virtuale del vano.
B) Per conoscere la quota millesimale dell’unità immobiliare, occorre fare una proporzione tra la superficie virtuale del singolo appartamento e la superficie virtuale dell’intero palazzo (data dalla sommatoria di tutte le superfici virtuali dei singoli alloggi che lo compongono). Quindi:
la superficie virtuale dell’appartamento sta alla superficie virtuale complessiva del palazzo, come “x” millesimi (del singolo appartamento) stanno a 1.000.
Dove “x” indica la quota millesimale della singola unità abitativa.
Così, se la superficie virtuale dell’unità abitativa è pari a 80 e quella del caseggiato è di 2.800, si avrà la seguente proporzione:
(Superficie Appartamento: Superficie Palazzo = x: 1.000)
(80: 2.800 = x: 1.000)
(80x1.000/2.800) = 28.87 ove 28.87 equivale alla quota millesimale dell’appartamento esaminato.
Un Condominio può essere gestito anche in mancanza delle tabelle millesimali, esse non sono obbligatorie se il numero di condomini non è superiore a dieci. Lo si evince, a contrario, dal disposto dell’art. 1138 c.c., ove si statuisce che, quando in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, che contenga, tra le altre cose, le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino. Pertanto, le tabelle millesimali:
Come vedremo nel paragrafo successivo, le tabelle millesimali possono formarsi in vari modi, ad esempio, possono essere predisposte dall’originario proprietario o costruttore (tabelle contrattuali) oppure, in mancanza, possono essere deliberate dall’assemblea (tabelle assembleari). Nell’ipotesi delle tabelle assembleari, ai fini della loro approvazione, occorre distinguere due ipotesi:
a) tabelle che derogano ai criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge, in questo caso le tabelle devono essere approvate dall’unanimità dei condomini (si parla di tabelle contrattuali assembleari);
b) tabelle che adottano i criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge, in questo caso l’adozione delle tabelle può avvenire mediante l’approvazione della maggioranza degli intervenuti e di almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136 c. 2 c.c., Cass. S.U. 18477/2010).
L’amministratore, se lo stabile è dotato di tabelle millesimali, deve usarle per la ripartizione delle spese, in quanto accettate dai condomini o approvate dagli stessi (Cass. 16982/2005); nondimeno, è valida la ripartizione in base a valori millesimali diversi da quelli contenuti nelle tabelle se, per anni, tutti i condomini, in modo espresso, abbiano accettato e approvato tale ripartizione (Cass. 4817/1994).
Le tabelle millesimali possono avere origini diverse e si distinguono in base alla loro formazione. Vi possono essere tabelle contrattuali, assembleari e giudiziali. Analizziamole brevemente.
Sono le tabelle millesimali predisposte dal costruttore dell’edificio o dal proprietario originario, che dà incarico ad un tecnico di redigerle e le allega al regolamento contrattuale. Tali tabelle sono richiamate nei singoli atti di compravendita e vengono accettate dall’acquirente in sede di rogito (cosiddetta “accettazione contrattuale”). Le tabelle contrattuali possono derogare ai criteri legali, del resto l’art. 1123 c.c. fa salva ogni “diversa convenzione”. Le suddette tabelle possono essere modificate solo:
Per completezza, si precisa che esistono anche le tabelle contrattuali assembleari, ossia si tratta di tabelle non allegate all’atto di proprietà, ma approvate all’unanimità da tutti i partecipanti al condominio.
Ove manchino le tabelle millesimali, è d’uopo che l’amministratore convochi l’assemblea per affidare l’incarico della loro redazione ad un tecnico qualificato. Le tabelle deliberative sono le tabelle approvate in seno all’assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza degli intervenuti e della metà del valore dell’edificio. Le tabelle assembleari – approvate a maggioranza – non possono derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese (come, invece, quelle contrattuali approvate all’unanimità). Esse rappresentano il valore delle quote condominiali riferibili ai singoli condomini e sono l’espressione della forza del voto e del peso dei relativi obblighi. Invero, in passato, la questione era stata oggetto di un acceso dibattito giurisprudenziale a cui ha posto fine una pronuncia a Sezioni Unite (Cass. S.U. 18477/2010), statuendo che:
Le tabelle giudiziali sono la forma residuale alla quale si ricorre in caso di disaccordo tra i condomini. Infatti, nell’ipotesi in cui, in uno stabile, manchino le tabelle e, in sede di assemblea, non si raggiunga la maggioranza necessaria, la legge permette al singolo condomino di adire l’autorità giudiziaria. Il giudice conferisce l’incarico della redazione ad un perito e le rende obbligatorie per tutti i condomini. Il ricorso all’autorità giudiziaria può avvenire sia nei Condomini in cui il numero dei partecipanti sia superiore a dieci sia in quelli composti da un numero inferiore di condomini. Pertanto, anche nel caso del cosiddetto Condominio minimo (composto da due soli partecipanti) può chiedersi la formazione delle tabelle millesimali ricorrendo al giudice. Infatti, la mancanza delle tabelle non autorizza a presumere l’uguaglianza delle quote – come previsto in materia di comunione (art. 1101 c.c.) – quindi, il giudice adito deve individuare il valore delle proprietà dei condomini ai fini della partecipazione alle spese in proporzione (Cass. 9280/2018). Da ciò si desume che, anche nel caso del Condominio minimo, sia possibile rivolgersi all’autorità giudiziaria per la redazione delle tabelle millesimali.
Le tabelle millesimali non sono intangibili, infatti, la legge ne ammette la revisione. Può verificarsi:
Inoltre, la revisione delle tabelle millesimali può avere natura:
a seconda che la rettifica o modifica avvenga in seno all’assemblea o, in caso di disaccordo, sia adita l’autorità giudiziaria. Analizziamo il primo caso, ossia la revisione assembleare.
1) I valori della tabella millesimale possono essere rettificati o modificati, in assemblea, all'unanimità, fatti salvi i casi che seguono, in cui la deliberazione avviene a maggioranza (art. 69 disp. att. c.c.).
2) La modifica o la rettifica possono intervenire anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136 c. 2 c.c.), nei seguenti casi.
a) Quando risulta che sono conseguenza di un errore (art. 69 c. 1, n. 1 disp. att. c.c.).
In questa ipotesi, si ha la rettifica. Deve trattarsi di un errore significativo ed essenziale, avente ad oggetto la superficie, la cubatura o l’estensione, o l’attribuzione di una destinazione d’uso diversa da quella reale ovvero può trattarsi di un errore matematico di calcolo o di misurazione (errore di fatto); oppure può consistere nell’aver considerato degli elementi che la legge qualifica non significativi, come lo stato di manutenzione (errore di diritto). In ogni caso, deve portare ad una consistente divergenza tra il valore reale della singola unità abitativa e quello millesimale.
b) Quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio (art. 69 c. 1, n. 2 disp. att. c.c.), è alterato per più di 1/5 il valore proporzionale dell'unità immobiliare, anche di un solo condomino, in conseguenza:
In tal caso, si ha la modifica delle tabelle e il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione. La modifica deve essere rilevante e incidere sull’essenza dell’edificio. A titolo di esempio, si considera tale:
Invece, non rientrano nel mutamento delle condizioni dell’edificio:
Un discorso a parte merita il frazionamento di un’unità in più unità abitative, ma non costituisce oggetto della presente trattazione.
La disciplina per la modifica o rettifica si applica alle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali (art. 69 c. 3 disp. att. c.c.).
La rettifica o modifica delle tabelle, sia essa assembleare o giudiziale, non ha carattere retroattivo (Cass. 7696/1994) e, per ottenere il ristoro di quanto pagato in eccedenza, il condomino deve esperire l’azione di arricchimento senza causa (Cass. 5690/2011).
Quando non è possibile dar luogo alla rettifica assembleare (ad esempio, per il disaccordo dei partecipanti) ci si può rivolgere all’autorità giudiziaria, al fine di ottenere la revisione giudiziale delle tabelle millesimali. In particolare, un singolo condomino può chiedere la revisione delle tabelle millesimali evocando in giudizio il Condominio, in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni (art. 69 c. 2 disp. att. c.c.). Trattandosi di materia condominiale, si ricorda che è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione. Il condomino deve allegare i motivi per i quali domanda la revisione delle tabelle, ad esempio specificando ove risiede l’errore e il pregiudizio patito. Se il giudice ritiene fondate le argomentazioni dell’attore, accoglie la richiesta e opera la revisione delle tabelle. La revisione giudiziale produce effetti dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. Il condomino può agire per ottenere il rimborso delle spese di quanto versato in base alle tabelle errate esperendo l’azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.).
Normalmente, ciascun Condominio è dotato di più di una tabella millesimale. Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (tabella generale); mentre, nel caso di parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne (tabelle particolari).
La tabella generale è riferita alla proprietà ed esprime in millesimi il rapporto tra l’intero edificio (1.000) e il valore dei singoli appartamenti. Viene utilizzata per:
Infatti, tutte le spese suindicate vanno sostenute in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino, ossia in base ai millesimi. La tabella generale può essere anche chiamata “tabella A”.
Quando le parti comuni sono destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne (art. 1123 c. 2 c.c.). Inoltre, qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (art. 1123 c. 3 c.c.). A tal proposito si parla anche di “tabelle d’uso”.
La tabella scale è riferita ad un bene comune ad uso differenziato; infatti, non tutti i condomini ne fanno pari uso, pertanto la ripartizione delle spese non avviene in base alla tabella generale sulla proprietà, ma in virtù di una tabella particolare, detta “tabella scale”. Secondo la legge (art. 1124 c.c.), le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi:
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune. La tabella scale può anche essere definita come “tabella B”.
In linea teorica, la tabella scale e la tabella ascensore dovrebbero essere coincidenti, in quanto applicano gli stessi criteri (art. 1124 c.c.). Tuttavia, può capitare che il vano scala e il vano ascensore non servano allo stesso modo tutte le unità immobiliari; in tali circostanze, si rende necessaria una tabella ad hoc. La tabella ascensore è quella che si occupa della ripartizione delle spese per l’esercizio e la gestione dell’ascensore. Se il regolamento condominiale non dispone diversamente, si applica l’art. 1124 c.c., ossia gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi:
Ad esempio, se la spesa annuale per l’ascensore è pari ad euro 1.600, basta dividerla per due, in quanto ½ è ripartita in base ai millesimi (cioè 800) e ½ in base all’altezza del piano (gli altri 800).
La tabella ascensore può anche essere definita come “tabella C”.
In materia di riscaldamento, le spese da ripartire riguardano segnatamente:
Nei Condomini con un sistema di riscaldamento centralizzato, al fine di ridurre gli sprechi energetici e le emissioni inquinanti, è stato introdotto l'obbligo di installare i sistemi di contabilizzazione e termoregolazione del calore per misurare e ridurre i consumi di energia nei singoli appartamenti (d.lgs. 102/2014 attuativo della Direttiva Europea 2012/27 sull'efficienza energetica). Dopo l’installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione, le spese di riscaldamento vanno ripartite in base all'effettivo consumo registrato. I consumi, pertanto, sono ripartiti mediante un'apposita tabella di ripartizione delle spese di riscaldamento, che deve essere adeguata a quanto previsto dalla norma tecnica Uni 10200 aggiornata alla versione 2018 (art. 9 c. 5, lett. d, del d.lgs. 102/2014), alla cui lettura si rimanda. In estrema sintesi, la norma fa riferimento:
La tabella riscaldamento può anche essere definita come “tabella D”.
Il tetto rientra tra i beni comuni, come i lastrici solari (art. 1117 c. 1 c.c.), nondimeno, può accadere che, per la particolare conformazione del palazzo, alcuni appartamenti siano coperti ed altri no; possono esserci diverse falde e alcune unità possono essere coperte da una o più di esse. In queste ipotesi peculiari, solitamente, si stila una tabella ad hoc, in quanto si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa (art. 1123 c. 2 c.c.). Riassumendo:
Per completezza espositiva, si ricorda che in caso di lastrico solare ad uso esclusivo, chi ne ha l’uso esclusivo deve contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico, gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno (art. 1126 c.c.).
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